Confesso che ho un po’ di timore nell’affrontare la creazione di un Trip Report su Città del Capo. Timore che deriva dal fatto che parlare di questa città vuol dire tuffarsi in un oceano di
particolarità, contraddizioni, storie, fatti, aneddoti ed altre mille curiosità con il rischio di creare confusione e, magari, perdere il filo. Questo perché, alla fine, si è trattato di una
settimana di vacanza, e nulla più.
Intanto la genesi di questo viaggio. Il Sudafrica fu la meta di un memorabile viaggio nel 2002, idea partorita subito dopo l’11 settembre, quando con gli amici di sempre decidemmo di non recarci
negli Stati Uniti che erano ancora terrorizzati da quegli eventi. Quel viaggio si concluse proprio a Città del Capo e, come avviene a tutti quelli che la visitano, me ne innamorai. E dove lasci
il cuore, vuoi sempre tornarci. E ci torno con Angela.
Nel 2002 erano passati solo otto anni dalla fine dell’Apartheid e la “Nazione Arcobaleno” era ancora un immenso laboratorio di trasformazione sociale. Accaddero alcuni singoli episodi, pochi per
fortuna, che ci favorirono in quanto “bianchi” e che noi, ingenui fino all’osso, scambiammo allora per cortesie per gli ospiti.
Passati altri dodici anni le cose sono definitivamente cambiate, ed in meglio. Ho trovato un popolo felice, che fa della convivenza uno stile di vita. Parlando con la gente mi dicevano che i
giovani nati e cresciuti nel post-apartheid non riescono a credere che, vent’anni fa, esistesse la segregazione razziale e vergogne tipo Robben Island. Questi giovani hanno la mente libera e sono
la speranza di una nazione straordinaria (in tutti i sensi), gravata ancora da enormi problemi (disoccupazione, sieropositività, immigrazione clandestina) ma che rappresenta un simbolo di come le
cose si possono sistemare con il buon senso e con grandi uomini.
La scelta questa volta cade su Air France, perché mamma Lufthansa se la tira ed ha i prezzi più alti di tutti. Ci sarebbe Emirates, ma alla fine, tra orari e prezzo, la spunta zia Air France. Se
poi c’è la possibilità di volare sul cicciobus…
Si parte sabato 15 marzo, con l’ultimo volo serale per Parigi. I voli per il Sudafrica sono sempre notturni, sia all’andata che al ritorno.
Ci attende F-HBXG, la mia prima volta su un E170. Aereo del 2009, livrea vecchia.
In decollo ammiriamo l’ultima follia del Catullo, un enorme parcheggio in aggiunta agli altri, quasi sempre semivuoti. E poi via, verso le Alpi.
Arriviamo a Parigi, ed è uno spettacolo vedere l’affollato allineamento in corto finale.
Abbiamo alcune ore di sosta, ce la prendiamo con calma. Dal terminal 2G ai gate “K” del 2E c’è l’autobus “giallo” che ci lascia in un terminale praticamente deserto. Accendo il telefono e mi sento alla radio la sconfitta dell’Hellas con l’Inter…iniziamo bene il viaggio!
L’economica è relativamente comoda e riusciamo a riposare bene. Il volo è comunque lungo e le buone condizioni sulla rotta lo fanno durare un po’ di meno dello schedulato. Viaggio di una tranquillità spaziale, nessun tremolio. Sono riuscito perfino a dormire un paio di ore, per me un record…La discesa verso Città del Capo è un festival di colori e di sole.
L’immigrazione ci porta via una buon tre quarti d’ora, i voli in arrivo dall’Europa sono diversi e tutti allo stesso momento. La procedura davanti all’addetto è semplice e non ha nulla a che fare con lo stress statunitense. Usciamo e….
Due note sulla città.
Città del Capo è la capitale legislativa del Sudafrica e, con i suoi 3,7 milioni di abitanti, è il terzo agglomerato urbano più grande della nazione, anche se i primi due sono a poche decine di
migliaia di abitanti di distanza. La città è enorme, visto che la stragrande maggioranza delle case sono ad uno/due piani, mentre solo nel City Bowl ci sono alcuni palazzoni.
La zona del Capo è stato il primo insediamento europeo del Sudafrica, luogo di scalo collegato alle rotte che doppiavano il Capo di Buona Speranza. La storia della città è molto interessante ed
invito tutti a leggerla. Per chi è appassionato di geografia e di storia, Città del Capo è sempre stata una attrazione fatale.
Alla faccia della segregazione razziale, quasi il 50% degli abitanti di “Le Cap” sono “coloured”, e cioè meticci nati dagli incroci tra bianchi, neri ed asiatici che si sono perpetrati nei
secoli. Il risultato è straordinario. L’80% della popolazione ha meno di 44 anni, per cui preparatevi ad essere circondati da gioventù. Dall’altra parte della medaglia ci sono il quasi 20% di
disoccupazione e la bassa aspettativa di vita, soprattutto tra le famiglie disagiate che vivono nelle township.
Il punto nevralgico della vita sociale di Città del Capo è sicuramente il Victoria and Albert Waterfront, una zona portuale riconvertita a sito turistico ricco di ristoranti, negozi, alberghi,
parcheggi e servizi vari.
E ora un po' di foto.
Un capitolo a parte merita la visita di Robben Island, prigione fin dal 18° Secolo ed usata anche come lebbrosario, purtroppo famosa per essere stato il luogo di prigionia di numerosi avversari
politici del regime di apartheid, tra i quali il più famoso fu Nelson Mandela.
L’isola si trova a 12 km dal Waterfront, e sono 12 km di Oceano. Vuol dire che il leggero ondeggiare del catamarano mentre lascia il porto si trasforma in una sorta di montagna russa appena al
largo. Onde alte almeno cinque metri sono una dura prova per i deboli di stomaco ma anch’io, che di solito il mare lo reggo a meraviglia, non mi sono trovato perfettamente a…mio agio. Angela, al
ritorno, è stata purtroppo malissimo.
Una volta all’isola veniamo affidati ad una guida che ci carica su un autobus per il giro dell’isola.
Il momento di dire arrivederci a Città del Capo arriva troppo presto, come sempre.
Ci sarebbero altre cento storie da raccontare. Descrivere un viaggio come questo è difficilissimo e si rischia sempre di tralasciare qualcosa di importante. E sono convinto di aver tralasciato
qualcosa di importante. Se qualcuno ha delle domande da fare, risponderò volentieri e, nel contesto, probabilmente mi tornerà in mente qualcosa altro.
E’ il momento di ripartire. Il diretto Città del Capo-Parigi c’è solo quattro volte la settimana, per cui siamo “costretti” a fare un volo interno per Johannesburg.
La richiesta di posti sulla tratta CPT-JNB è talmente alta che vi operano numerose compagnie e South African mette sulla rotta diversi widebodies. A noi tocca un A340-300, niente male per cento
minuti di volo…
La sosta a JNB è piacevole. Ci aspetta la nostra prima volta su un A380.
Macchina magnifica, abbiamo viaggiato benissimo. Ci siamo permessi due posti “plus”, in corrispondenza di una uscita sul ponte superiore. Purtroppo niente finestrino, ma sarebbe stato comunque
arduo fare foto, visto il volo completamente notturno.
Tristemente torniamo al 2G di Roissy, e vuol dire che si torna veramente a casa. Confortante la notizia che si atterrerà a “Verona International”. Che Air France sia in trattative per aprire un volo anche su Boscomantico?